Brescia Musica - L' Improvvisazione musicale
L'improvvisazione musicale
( un contributo al "fare musica" ragionato ed all'ascolto musicale non superficiale )
di Diego Minoia
Pubblicato su: Brescia Musica n° 65
Cos'è l'improvvisazione musicale?, esiste ancora oggi?, se esiste, che senso ha?, sotto quali forme si esplica?, l'improvvisazione ha un futuro?.
A queste ed altre domande cercherò di rispondere con questo intervento, che vuole essere colloquia-le e comprensibile anche ai non addetti ai lavori, senza però cadere ( spero ) nelle trappole dell'ap-prossimazione.
Nei secoli scorsi e fino al XIX secolo la pratica dell'improvvisazione musicale era diffusissima.
Si improvvisava nelle Chiese, nelle Corti, nei salotti e persino nelle Sale da concerto, spesso utiliz-zando temi forniti dal pubblico.
A volte avvenivano "duelli" musicali tra due o più musicisti famosi, durante i quali si formavano vere e proprie "tifoserie" da una parte e dall'altra.
Famoso tra tutti il "duello" tra Ludwig van Beethoven e il pianista virtuoso Daniel Steibelt, prove-niente da Parigi con l'intento di conquistare anche Vienna.
Dopo una serie di vicende, che tralascio per brevità, in cui le due tifoserie ebbero modo di confron-tarsi, si giunse infine alla resa dei conti, nel corso di una serata musicale organizzata nel palazzo del Conte Fries.
Steibelt suonò un suo Quintetto più una Fantasia ( preparata in anticipo ) su un tema di Beethoven udito nel corso del loro precedente incontro.
Ciò suscitò sdegno e rabbia presso i sostenitori di Beethoven, che convinsero il Maestro a mettersi al pianoforte per improvvisare una risposta a tale "affronto".
Avvicinandosi con fare indolente al pianoforte, prese la parte del violoncello testè usata per il Quin-tetto di Steibelt, la pose sul leggio a rovescio, ed iniziò ad improvvisare su quel tema in modo tale ( raccontano le fonti dell'epoca ) che "Steibelt lasciò la sala prima che Beethoven avesse finito, e non volle mai più rivederlo …".
Questa era la capacità improvvisativa nel passato …!
Nel nostro secolo la musica "colta" ha decisamente abbandonato questo modo di "fare musica" pre-ferendo far sempre riferimento alla musica scritta ( tranne che nel periodo aleatorio, ma quella non era improvvisazione, era casualità ).
Il risultato di questa situazione è che oggi ben pochi musicisti, tra quelli formati dai nostri Conser-vatori, sanno improvvisare ( e se lo sanno fare, non hanno certo imparato in Conservatorio ).
Persino nel corso degli esami di improvvisazione organistica si assiste spesso alla pietosa finzione della Commissione che fa finta di non accorgersi che l'improvvisazione è stata in realtà preparata in anticipo e imparata a memoria.
Del resto in un Paese nel quale molti si laureano con tesi scritte da altri a pagamento, non vale la pena di scandalizzarsi oltre per questo piccolo particolare.
Il "testimone" della pratica improvvisativa è stato quindi passato ad altri generi musicali nei quali l'improvvisazione, grazie alla sua grande capacità di comunicazione emotiva immediata, ha assunto un ruolo decisamente importante.
Questi generi sono il jazz e, in misura minore, ( si usa improvvisare solo nei concerti "dal vivo" ), alcuni generi di pop-rock, che sono del resto una derivazione dal jazz.
Se andiamo invece a vedere al di fuori della musica "occidentale", ci accorgiamo che molte tradi-zioni musicali, anche di antichissima e nobile origine, sono ancora oggi basate su processi improv-visativi.
Basti per tutte citare l'esempio della musica indiana.
Ma lasciamo ad altre occasioni le considerazioni sulla musica extraeuropea, che ci porterebbero fuori tema, e veniamo alla domanda che spesso conclude ( o inizia ) le discussioni su questo argomento : L'improvvisazione è dunque morta?
A seconda del significato che si attribuisce al termine "improvvisazione" ci saranno risposte diverse, che andranno dal " si, è morta nel secolo scorso " di chi conosce solo la musica "colta", fino a "no, è vivissima" di chi ama il jazz.
In realtà potrebbe esserci anche un'altra risposta : " no, l'improvvisazione non è morta, per il sem-plice fatto che non è mai esistita".
Quest'ultima risposta, chiaramente provocatoria, corrisponde al mio pensiero, ma non lasciatevi in-gannare dalla sua aria ironica perché, sotto sotto, una sua verità la contiene.
Per capire meglio le posizioni che abbiamo appena passato in rassegna, converrà chiarirci il signifi-cato del termine improvvisazione.
Improvvisazione = libera invenzione di un brano musicale nel momento stesso dell'esecuzione
( Enciclopedia della Musica - Garzanti ).
A prima vista questa definizione sembrerebbe accettabile ( ed in genere è accettata da tutti ) ma, se indaghiamo il significato dei termini più profondamente, ci accorgiamo che non necessariamente rispettando i termini indicati abbiamo una performance musicale che si possa catalogare ed accettare universalmente come improvvisazione.
I termini che, a mio parere, formano il punto debole della definizione, sono "libera" e "invenzione".
Si, perché basta analizzare la struttura delle improvvisazioni dei secoli scorsi ( in base ai resoconti degli ascoltatori di allora o basandosi sulle "cadenze" trascritte, vale a dire sulla trascrizione delle parti che il Compositore lasciava all'inventiva dell'Esecutore ) e avere una certa conoscenza del linguaggio improvvisativo del jazz o del pop-rock per capire che l'improvvisazione, in genere, non è libera e nemmeno inventiva, nel senso etimologico dei termini.
Il termine "libera" ( = che ha facoltà di fare e non fare quello che vuole - Vocabolario della lingua italiana - Zanichelli ) indicherebbe che l'improvvisatore può fare "veramente" tutto ciò che gli passa per la testa ( o per le dita ).
L'espressione "invenzione" ( = ritrovato dell'ingegno, strumento o macchina o preparato o sistema nuovamente trovato e applicato - Vocabolario della lingua italiana - Zanichelli ) indicherebbe che ogni volta l'improvvisatore dovrebbe creare delle situazioni sonore o formali nuove, diverse da tutte le altre.
1^ CONTRADDIZIONE
Se mettiamo un bambino ( o una scimmia, o qualunque animale curioso ) davanti ad un pianoforte, egli creerà delle situazioni sonore che rispondono perfettamente alla definizione di improvvisazione ( libera invenzione di un brano musicale nel momento stesso dell'esecuzione ).
Eppure nessuno si è mai sognato di definire tali gli impasti sonori che nascono dalla libera ( quanto libera culturalmente ! ) e inventiva attività di un bimbo ( o di una scimmia ).
In risposta a questa obiezione ci verrà sottolineato probabilmente che l'improvvisazione, per essere tale, deve avere alla sua origine un "pensiero" musicale di carattere formale con connotazioni origi-nali.
Sono perfettamente d'accordo con questa affermazione, ma vorrei far notare che in questo modo l'improvvisazione si avvicina notevolmente alla composizione, che si differenzia quindi essenzial-mente "solo" per i tempi di gestazione dell'opera ( con tutte le conseguenze che ne possono derivare in termini di concentrazione di pensiero musicale, precisione ed originalità di forma e di contenuto).
E tanto più l'improvvisazione è "bella", "pensata", "originale", tanto più si avvicina al concetto di composizione estemporanea, creando il seguente paradosso : più l'improvvisazione è valida musi-calmente meno la si può considerare improvvisazione.
2^ CONTRADDIZIONE
Un jazzista è per sua stessa natura un improvvisatore, nessuno lo può negare, quindi dovrebbe essere in grado di creare musica in modo "libero" e "inventivo".
Nella realtà questo non avviene quasi mai.
Ogni musicista jazz che "improvvisa", per esempio nello stile be bop, utilizza moduli ritmici, armo-nici, melodici ed espressivi tipici di questo genere musicale, con il risultato che tutte le improvvisa-zioni ( specie quelle fatte dagli epigoni, che sono la maggioranza ) risultano, se non proprio uguali, per lo meno molto simili.
Le frasi spezzate di C.Parker sono il pane quotidiano per questi "improvvisatori" che normalmente infarciscono le loro esecuzioni con un numero tale di questi frammenti, "presi in prestito" da un ca-poscuola o da un altro, da renderli più simili ad un collage che ad una improvvisazione.
Eppure nessuno, a mia esperienza, si sogna di contestare loro il titolo di improvvisatori ed alla loro musica l'appellativo di improvvisata ( e sia ben chiaro che sto parlando di musica che amo, ma qui stiamo parlando di improvvisazione, non di piacere ).
Si è detto in precedenza, riferendosi ai suoni prodotti da un bimbo sul pianoforte, che essi non si po-tevano considerare musica improvvisata perché, pur essendo prodotti attraverso una "libera inven-zione" simultanea all'esecuzione, erano mancanti di un "pensiero musicale di carattere formale con connotazione di originalità".
Nel caso del jazzista il "pensiero" formale esiste ma, come abbiamo visto, le connotazioni formali originali non sono presenti ( parlo sempre in generale ) se non negli unici punti dei concerti ( o dei dischi ) che, guarda caso, non sono improvvisati, bensì composti, e cioè nei Temi principali.
Temi che non a caso vengono utilizzati per il deposito presso la Società Italiana Autori ed Editori
( S.I.A.E.) in quanto originale opera dell'ingegno dei vari compositori.
La stessa cosa potremmo dire ( con le necessarie variazioni nei riferimenti ) sia della musica più re-cente, cosiddetta "creativa", che della musica pop-rock.
E non credo sia necessario un grande sforzo di immaginazione per pensare che gli stessi meccanismi fossero applicati anche dagli improvvisatori dei secoli scorsi.
Ciascuno cioè improvvisava attingendo a piene mani da quel serbatoio immenso costituito dallo "stile" della musica della propria epoca.
Sapendo quindi di voler improvvisare un brano nello stile del periodo Barocco, si dovrà far riferi-mento, come facevano i musicisti di allora, ad un certo tipo di armonie, a determinati moduli ritmici ricorrenti, ad un certo tipo di andamento melodico e così via.
Come abbiamo visto, questo modo di operare non è completamente libero né sempre originale ( pur essendo ricco di difficoltà ed eventualmente di godibili risultati musicali ) e non corrisponde piena-mente al "vero" concetto di improvvisazione che, a mio parere, può essere praticato solo da menti particolarmente creative, oggi come sempre molto rare.
Dopo quanto detto forse molti si sentiranno ora di condividere la precedente affermazione che ne-gava paradossalmente l'esistenza dell'improvvisazione.
In effetti, come abbiamo visto, l'improvvisazione "vera", quella creativa, è molto rara, mentre l'improvvisazione "stile collage" è molto diffusa.
All'interno di quest'ultimo tipo di improvvisazione distinguerei due modi di approccio diversi.
Il primo modo è l'improvvisazione "collage" vera e propria, nella quale vengono riproposti brandelli di frasi altrui semplicemente "uniti" l'uno all'altro, senza elementi di ricerca personale.
Il secondo tipo lo definirei improvvisazione "di sintesi", vale a dire quando il musicista, dopo ap-profondito studio, tenta di sintetizzare nella sua musica diversi elementi appartenenti a musicisti o culture musicali diverse, tentandone una riproposizione personale.
E' quest'ultimo ovviamente il tipo di improvvisazione più apprezzabile e praticabile, con la dovuta preparazione, anche da persone non necessariamente superdotate musicalmente.
Proprio l'improvvisazione "di sintesi" mi appare come un ottimo approccio alla creatività musicale da applicarsi nella formazione musicale di base, ed in particolare nell'insegnamento musicale a livello di Scuola dell'obbligo.
E perché non pensare a momenti di studio e di analisi formale e stilistica anche nei Conservatori, da affiancare ad esercitazioni di improvvisazione basati sugli elementi studiati, ed a quel punto com-presi, di un certo stile.
Ma qui inizia un altro discorso, che potremo eventualmente riprendere in momenti successivi.
Per chiudere vorrei citare una frase dello scrittore francese Renè de Chateaubriand ,vissuto nel XIX secolo , che, a proposito dell'originalità in letteratura, scrisse :
"Scrittore originale non è colui che non imita nessuno.
Ma colui che nessuno riesce ad imitare".
Meditate gente, meditate…